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Stéphane Bullion, primo ballerino dell’Opéra di Parigi: «Vivere, per me, è danzare»

Quando all’età di 17 anni Stéphane Bullion entra nel corpo di ballo della prestigiosa Opera Nazionale di Parigi, tutto fa pensare ad una carriera brillante. Sfortunatamente sei anni dopo, nel 2001, gli viene diagnosticato un cancro ai testicoli ad uno stadio avanzato che rimette tutto in questione.

Grazie alla sua forza di vivere e al suo bisogno di ballare, Stéphane Bullion prende la malattia di petto e lotta senza tregua per ritornare il prima possibile sulla scena.

I suoi immensi sforzi, la presenza del suo entourage e il suo spirito combattivo sono stati ricompensati con la nomina a Primo ballerino nel 2010: un modello di speranza per tutti coloro colpiti dal cancro.

Stéphane Bullion ripercorre la sua storia e condivide con noi la sua esperienza.

 A 23 anni, preso da ripetizioni e spettacoli, come hai scoperto di avere un cancro?

Ho iniziato ad avere problemi di salute in ottobre 2003 dopo la ripetizione di un adagio durante il quale la mia partner mi ha dato un colpo ai testicoli. Ho inizialmente consultato un urologo che mi ha trattato per un’infiammazione. Ma ad inizio dicembre, i dolori erano peggiorati e una sera sono dovuto andare al pronto soccorso. Due giorni più tardi iniziavo con prelievo, scanner, ecografia, IRM… L’annuncio è arrivato il 24 dicembre. Il 9 gennaio subivo l’operazione e un mese dopo rivedevo l’urologo con i risultati della biopsia. Mi ha dunque annunciato che non mi era capitato un numero fortunato. Sono crollato. Una settimana dopo, iniziavo la chemio per una durata di quattro mesi. Si trattava di un trattamento con bleomycin, etoposide e cisplatino ogni tre settimane.

Ho iniziato velocemente le sedute per poter spostare i miei spettacoli e continuare a seguire i corsi. All’inizio, durante il primo ciclo, andava tutto bene. Ma ho capito subito che non potevo continuare così, non solo a causa della stanchezza dovuta alla chemio ma anche a causa della cicatrizzazzione della mia operazione: non riuscivo a fare più nessun porté.

Globalmente, sono riuscito a conservare un’«attività abbastanza normale» nel mio lavoro e anche nella vita personale.

Quali effetti secondari hai dovuto affrontare durante i trattamenti? E quali sono stati i più difficili?

Dal mio primo ciclo, peli e capelli sono caduti. All’inizio era divertente: mi sono rasato la testa facendo buchi, disegni, una cresta.. più tardi, quando ho iniziato a perdere le sopracciglia e poi le ciglia, è diventato tutto più difficile.  Anche se si trattava dell’effetto secondario meno fastidioso è stato veramente difficile conviverci.

Ero sempre molto stanco, non riuscivo più a dormire, ho perso ogni sensibilità a mani e piedi. Non avevo più nessuna sensazione del suolo e per il mio lavoro è una cosa molto strana. Ho dovuto aspettare due anni prima che le sensazioni ritornassero completamente.

Ho anche perso le unghie dei piedi un mese dopo il trattamento quando ero in Giappone in tourné.

Avevo anche nausea, vomito, problemi intestinali, secchezza alla pelle e delle croste importanti ai talloni… Al minimo sforzo, come ad esempio aprire una bottiglia d’acqua, la mia pelle non si tagliava ma addirittura si stracciava come se scoppiasse.

Non potevo più mangiare perché c’erano poche cose che sopportavo ancora e che mi davano voglia. Gli odori mi nauseavano subito. C’è solo una cosa che potevo mangiare: l’indivia cruda! Non so perché ma ancora oggi l’adoro!

Verso la fine del mio trattamento, ho avuto talmente tanti problemi di afte che ho dovuto ritardare l’ultimo ciclo. Per otto giorni non ho potuto mangiare a causa della mucosite. Avevo afte ovunque, la lingua gonfia e il palato molto irritato. Più nessun trattamento riusciva ad aiutarmi.

Credo che fossero gli effetti secondari più insopportabili insieme alla stanchezza. A tal punto che alla fine dei trattamenti mi sono detto: «Ok, mi hanno ucciso. Non mi alzerò mai più». Per un po’ tutto mi costava fatica. Andavo dal letto al bagno a quattro zampe tanto ero affannato.

Cosa ti ha aiutato? Come sei riuscito ad alleviare tutti questi effetti indesiderati?

Mi è stata data una grande lista di medicinali per alcuni effetti secondari come il cortisone o degli antiemetici. Ho aggiunto l’omeopatia e delle piante come il bambù o le radici. Tutto questo mi ha molto aiutato per i problemi al fegato, dato che non tolleravo più molte cose. Continuo a prenderne ancora oggi perché anche se mi era stato detto che tutto si sarebbe ristabilito ho ancora un fegato molto fragile.

Mia madre mi ha anche insegnato le basi del rilassamento e della sofrologia. Mi sono state molto utili durante le lunghe giornate di chemio che mi rendevano molto stanco e non riuscivo neanche a parlare. Restando dodici ore steso senza parlare o muoversi, si ha il tempo di pensare… la sofrologia mi ha aiutato ad accettare i miei dolori.

Ma più importante, ciò che mi ha permesso di tener duro sono le persone che avevo intorno. I miei cari sono sempre stati molto presenti per me. Per esempio, mia madre prendeva spesso dei giorni di ferie il giorno dopo la chemio per restare con me anche se passavo la giornata steso senza neanche riuscire a parlare.  Era semplicemente presente. Non ne parlavamo, ma il fatto che fosse presente cambiava tutto. E poi c’era Pauline, la mia compagna, aveva 20 anni ed ha affrontato tutto in modo incredibile, mi ha accompagnato, portato addirittura. Ha fatto in modo che restassimo una coppia normale, con la sua gioia di vivere è stata essenziale e lo è ancora.

In che momento hai realizzato quello che stavi vivendo? Come hai resistito? 

Ho realizzato tutto quello che era successo qualche mese dopo la fine dei trattamenti. Mi ero fissato un obiettivo: partire in tournée in Giappone. Ho quindi attaccato la chemio, testa sulle spalle senza farmi domande. Non ho avuto l’impressione di subire il “durante”, né gli effetti secondari. Non era positivo ma cercavo di prendere le cose di petto per arrivare al mio obiettivo.

Successivamente mi sono dato un altro obiettivo: il rientro di settembre e il concorso a dicembre. Volevo esserci, ed in forma.

A dicembre, durante il concorso, volevo terminare l’anno in bellezza; dopo aver lavorato sodo per sei mesi volevo riuscire il concorso. Ma durante la preparazione ho iniziato ad avere dei grandi problemi fisici. Avevo la tendinite ovunque, ero stanco, avevo troppo male ovunque. Quindi sono arrivato al concorso senza aver veramente lavorato. Mi dicevo che sarei stato in forma per quel giorno. Alla fine non è andata veramente così… Una volta uscito di scena dopo il concorso, sono andato nel mio camerino, ho preso il telefono e ho chiamato mia madre per dirle che smettevo tutto.

Fino al concorso, non mi ero mai posto la domanda e comunque, ai miei occhi, c’era una sola via d’uscita: l’avrei superata.

E improvvisamente quel giorno, uscendo di scena, ho preso coscienza di tutto quello che avevo attraversato fino a quel momento e della gravità del mio cancro. Ho avuto bisogno di tempo, solo, per riflettere. Durante la malattia non mi rendevo conto dell’immagine che trasmettevo agli altri. Ma guardando delle mie foto da malato, ho avuto il contraccolpo, perché ho realizzato che non avevo per niente una buona cera, soprattutto alla fine dei trattamenti: avevo perso 8 Kg in soli cinque giorni.

Inoltre avevo bisogno di leggere delle esperienze delle persone che avevano attraversato la mia stessa prova. Non volevo dimenticare quello che avevo passato e la fortuna che avevo adessere ancora lì, a potermi alzare tutte le mattine, a seguire i corsi e a fare un mestiere fisico.

Questo periodo è durato circa quattro mesi. Ad aprile ho potuto riprendere la danza.

Come hai imparato a gestire il tuo corpo straziato e il mestiere di ballerino?

Faccio molta più attenzione al mio corpo ora! Ho avuto la fortuna di incontrare un medico che mi ha aiutato progressivamente a riprendermi. Ho seguito e seguo sempre i suoi consigli per poter continuare a ballare rispettando allo stesso tempo il mio corpo perché anche se sono stato dichiarato “guarito” alcuni problemi fisici sono durati a lungo. Sono stato seguito molto bene durante tutta la malattia.

Oggi posso dire che le conseguenze positive sono più di quelle negative. Non è una forza, ma mi permette di apprezzare alcune cose semplici della vita rispetto a tutto quello che ho passato.

Come ti ha aiutato la danza in questa prova?

A volte alcune persone mi chiedono se la danza sia una passione per me. È più di una semplice passione, fa parte di me. È come respirare, è un bisogno. È vero che ballare mi ha permesso di fissarmi degli obiettivi ma se ho continuato a seguire i corsi durante la chemioterapia, non è stato solo per conseguirli e restare in forma. Avevo l’impressione di continuare a vivere normalmente. E vivere normalmente, per me, è ballare.

Grazie mille Stéphane per la tua testimonianza.